Questa è la storia di una persona, di una passione e di due
evoluzioni parallele; una storia che ha come protagonista un bambino cresciuto
ascoltando musica che, come tutti, nei primi anni di vita ascoltava ciò che si
sentiva nella casa dei genitori e che, da quando ha imparato a leggere, sentiva
le canzoni avendo davanti i testi, anche quando ancora non conosceva la lingua
in cui quelle canzoni erano scritte, e tentava comunque di riprodurre, anche
solo a livello fonetico, ciò che stava ascoltando. Ed è da qui, con un retroterra
musicale formato da musica rock, folk, italiana e classica, che è iniziato il
mio continuo confronto con la frase “ma dai! Quella non è musica….”. Una frase
che, nel corso degli anni, ho sentito
migliaia di volte su centinaia di bocche diverse (compresa la mia) e che oggi,
dopo quasi trent’anni di vita vissuta e di musiche ascoltate e sentite sulla
pelle, ho definitivamente abolito dal mio vocabolario. Troppe volte, infatti,
mi è capitato di dire questa frase di una canzone, di un disco, di un autore o
di un genere intero, per poi, col passare del tempo, cambiare idea e
riascoltare tutto con uno spirito diverso, mentre mai (e sottolineo MAI) mi è
capitato di dire in prima battuta che una musica mi piaceva e poi rinnegarla
nel corso del tempo. Per questo, oggi, mi sento di dire che è la musica in sé
ad essere bella, e questo al di là di qualsiasi distinzione di generi o di epoche.
Apro lo scrigno dei ricordi, quindi, e torno indietro a 25
anni fa, con me dodicenne, sui gradini della scuola di chiavazza che mi stavo
esaltando nel raccontare ai miei compagni di allora quella che per me era stata
una nuova ed esaltante esperienza musicale; pochi giorni prima, infatti, avevo
acquistato coi risparmi delle paghette, allora elargite dai miei genitori, un
doppio vinile dal titolo “105 minuti di musica live” e, nell’ascoltare la prima
delle quattro facciate, l’impatto di quei suoni e di quelle linee melodiche
cantate mi avevano assolutamente colpito con la loro energia; per questo, nel
parlarne, ho usato la frase “il disco è bellissimo, la prima facciata è proprio
heavy metal, ci sono i Queen, i Deep Purple, gli Iron Maiden…” mentre citavo i
gruppi con enfasi crescente, uno dei ragazzi lì presenti mi dice “beh, ma i
Queen ed i Deep Purple non sono heavy metal; gli Iron Maiden sì, sono un
bell’esempio, ma gli altri due sono solo hard rock; se vuoi sentire del metal,
sentiti i Metallica, per esempio!”. In quel preciso istante due cose mi sono
state chiare:
1 1)
Quel tipo di suono mi esaltava
2 2)
Il metal era già più vasto di quanto mi fosse
apparso di primo acchito.
In quegli anni, però, la mia voglia di acquistare ed
ascoltare musica era in parte frustrata da due cose: in primo luogo la mia
personale situazione economica di dodicenne ancora completamente mantenuto dai
genitori e quindi con una disponibilità economica molto limitata rispetto ai
dischi che avrei voluto comprarmi (oddio… ora che ci penso, anche oggi, pur se
non sono più mantenuto dai miei, continuo a considerare la mia disponibilità
economica come molto limitata rispetto ai dischi che vorrei acquistare: com’è
questa storia? :P ) e poi c’era anche il fatto che, ai tempi, il supporto di
riproduzione più utilizzato era il vinile (il compact disc stava iniziando ad
uscire in quegli anni, ma aveva ancora dei prezzi proibitivi per i tempi) e
quindi, quando io usavo il giradischi cercando di ascoltare una canzone più
volte di fila cercando di impararne a memoria il testo, ad un certo punto
sentivo la voce di Sergio dire “smettila di ascoltare la stessa canzone che il
vinile si rovina” e così il salto successivo avvenne due anni dopo, quando il
compact disc cominciò a diffondersi anche a livello più ampio.
Era il 1988, l’anno in cui ebbe inizio la mia collezione di
CD con i primi due acquisti: uno fu “Ancient Heart” di Tanita Tikaram e l’altro
una delle tante versioni dei “Carmina Burana” di Carl Orff . Erano gli anni del
liceo e due furono le fonti a cui attinsi per ampliare la mia conoscenza
musicale: la prima era il classico scambio di opinioni e di cassette con i
compagni di scuola; la seconda, invece, fu una raccolta della deAgostini che
feci in quegli anni che si chiamava “Il Grande Rock” che settimanalmente faceva
uscire dei fascicoli suddivisi per anno a cui venivano allegati dei cd raccolti
di gruppi che venivano ritenuti importanti e rappresentativi e fu così che
iniziai a conoscere e ad ascoltare gruppi come Black Sabbath, Blue Oyster Cult,
AC/DC e simili; inoltre, quando un mio compagno di classe mi fece ascoltare le
canzoni di un gruppo australiano assolutamente sconosciuto ai più come gli
Hoodoo Gurus, rimasi veramente colpito da ciò che sentivo e, d’un tratto, imparavo
una lezione su come anche nomi assolutamente non pubblicizzati potessero essere
artisti che valeva la pena conoscere ed ascoltare. Ricordo, infine, che quando
acquistai “the Number of the beast” degli Iron Maiden, mio padre mi disse: “ma
come fa una persona come te che ascolta clapton, inti-illimani, Branduardi e
cose del genere ad ascoltare quel rumore? Mica sarà musica quella”; era
cominciato il conflitto generazionale su cosa far andare nello stereo.
Così, mentre gli anni passavano e io, tramite il confronto
con le persone con cui interagivo, captavo sempre nuovi stimoli musicali che
andavano nelle direzioni più disparate, arriviamo ad un periodo fondamentale
per l’evoluzione del miei gusti musicali: gli anni dal 1995 al 1998. In quel
periodo, infatti, sono successe diverse cose:
1 1)
Ho cominciato ad uscire la sera per andare nei
pub dove si ascoltava musica
2 2)
Ho acquistato per la prima volta una rivista di
critica musicale incentrata sulla musica hard rock e heavy metal
3 3)
Ho conosciuto un gruppo di persone che era molto
addentro al mondo del metal che mi hanno fatto conoscere uno dei negozi di
dischi che poi è diventato una delle mie fonti principali di approvvigionamento
musicali
4 4)
Un mio amico d’infanzia aveva aperto nel paese
dove abitavo un negozio di dischi specializzato in musica metal
5 5)
Un altro mio amico mi ha fatto conoscere dei
cataloghi dove poter acquistare musica a costi decisamente più bassi della
norma.
Tutto questo, unito al fatto che iniziavo a fare i primi
lavori stagionali e che quindi avevo aumentato la mia disponibilità economica,
mi ha portato ad acquistare molta musica tanto che, in poco meno di due anni,
la mia collezione, da 353 unità qual era, era arrivata a quota 1000. E’ stato
proprio in quegli anni che ho avuto modo di vedere come nel metal ci fossero
veramente innumerevoli correnti, da quelle contraddistinte da suoni anche molto
soffici a quelle che erano pura brutalità sonora ed è sempre stato allora che
questo tipo di musica è diventata la mia preferita in assoluto. Perché? Perché
tra tutte le musiche che mi fosse stato dato di ascoltare fino a quel momento,
in quel tipo di musica trovavo l’espressione più vera ed intensa di una gamma
di emozioni veramente vaste che andavano esplorando tutte le parti dello
spettro emotivo dell’essere umano, sia quelle di tipo positivo sia quelle di
tipo negativo; inoltre vedevo e sentivo nei testi momenti di vera e propria
poesia che si sposavano con una musica che, oltre alla tecnica ed alla potenza,
univa anche una dinamica dei suoni che rendeva l’insieme come un qualcosa che
vibrava all’unisono col mio modo di essere e che ancora oggi, dopo anni di
continui nuovi ascolti e di nuove realtà scoperte, sia in campo metal che in
altre aree musicali, non ha perso un oncia del suo impatto e del suo valore per
me. Inoltre, nell’esplorare quella musica anche attraverso le fusioni che essa
faceva con i generi più disparati, ho anche imparato ad apprezzare e ad
approfondire la conoscenza musicale anche in altri ambiti. Infine è stato
proprio in quegli anni che ho conosciuto il gruppo che è diventato il mio
preferito in assoluto, ovvero i Savatage.
Passato quel triennio chiave, gli altri momenti di ulteriore
evoluzione sono stati il periodo dal 2000 al 2002 e gli ultimi tre anni: nel
primo periodo mi sono avvicinato anche al jazz alla musica etnica ed ho
rivalutato la musica classica e quello è stato proprio il momento in cui ho
capito che non avrei mai e poi mai avuto la possibilità, sia economica che di
tempo, per approfondire come avrei voluto la conoscenza della musica che mi
piaceva e che quindi dovevo fare delle scelte; nel secondo periodo ho ritrovato
il piacere di scoprire e di riscoprire musiche a me sconosciute, sia del
presente che del passato, attraverso la radio ed ho rivalutato la musica
latino-americana, il rap e molta parte della black music, la techno e molta
parte del pop italiano abbattendo di fatto le ultime barriere mentali che
ancora resistevano in me.
Nella mia vita, come già detto prima, ho detto veramente
tante volte la frase “ma quella non è musica” volendo con quella frase imporre
il primato della musica che ascoltavo io su quella che ascoltavano gli altri,
ma ciò che ho vissuto nel corso degli anni mi ha dimostrato che tutte le volte
che una musica non piace il problema non è la musica, ma chi la ascolta che fin
troppo spesso si trincera dietro schemi mentali e pregiudizi che, di fatto, non
danno alla musica la possibilità di toccare le corde delle emozioni profonde
che risiedono in ciascuno di noi.
Oggi, quando mi chiedono che musica mi piaccia, io rispondo
che la mia musica preferita è il metal ma che a me la musica piace veramente
TUTTA e, per finire, so anche che,
comunque vada, non potrò mai ascoltare e godere di tutta la musica che vorrei
poter sentire e collezionare, ma so anche che mi gusterò sempre fino in fondo
tutto ciò che ho scoperto finora e anche tutto ciò che da oggi andrò a
scoprire.
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