lunedì 26 aprile 2010

Le mie stagioni.....

Indovina indovinello: quante sono le stagioni?

Che domanda inutile, direte voi, è ovvio che sono 4: primavera; estate; autunno; inverno....


E INVECE NO!!!!

Le stagioni (almeno per me) SONO 2 E BASTA!!!

La stagione RESPIRANTE e la stagione TRASPIRANTE. 

E adesso sta a voi capire quale sia la mia stagione preferita :D

venerdì 23 aprile 2010

L'ultima goccia....

Ovvero, come anche solo una delle migliaia di pps che gira per la rete può farti incazzare come un orco.

Oggi ho aperto un file pps, ovvero uno di quei file che vengono inviati a decine di migliaia al giorno a tutti coloro che hanno l'ardire di essere connessi in rete. Caratteristica di questi flussi di informazioni è quella di contenere una serie di elementi che possono essere di varia natura, ovvero: scritte più o meno elaborate e/o colorate; da immagini, che possono essere animate, oppure delle foto; da suoni o musiche, che possono essere associati a particolari immagini, oppure possono essere di sottofondo. Quando noi apriamo questi file essi presentano ciò che contengono, non in un blocco unico, ma in una sequenza preordinata che noi facciamo scorrere mano a mano tramite dei comandi standard. Molto spesso questo tipo di file viene usato per mandare storielle con tanto di morale finale e quella che ho letto oggi, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

La pps iniziava con un messaggio:

Abbi il piacere di leggere fino alla fine... (poi pensa... e scegli l'opzione numero 1)

che già di per sé trovo urticante, perché dice che mi troverò davanti ad una scelta, che però da già per scontato che la scelta giusta e unica da fare sia quella che dice lui. In ogni caso il bello è venuto quando ho iniziato a leggere la storiella in essa contenuta, che parlava di un uomo benestante che entra in ristorante e si trova a confronto con un bambino povero che gli chiede la carità di un po' di cibo. Due sono state le frasi che mi hanno urtato e le riporto così come le ho lette:




E cos’è Internet, signore?

È un posto nel computer dove possiamo vedere e ascoltare molte cose, notizie, musica,  conoscere gente, leggere, scrivere, sognare, lavorare, imparare. Ha tutto, ma in un mondo virtuale.


E cos’è il virtuale, signore? 


Virtuale è un posto che noi immaginiamo, qualcosa che non possiamo toccare, raggiungere. Un luogo in cui creiamo un sacco di cose che ci piacerebbe fare. Creiamo le nostre fantasie, trasformamiamo il mondo quasi in quello che vorremmo che fosse.



e

Lí, in quel momento, ebbi la più grande dimostrazione di virtualismo insensato in cui viviamo ogni giorno, circondati da una vera cruda realtà e spesso facendo finta di non percepirla!


I motivi della mia rabbia sono essenzialmente 3:

1) La persona che ha scritto questa cosa dimostra di non aver capito assolutamente nulla di internet e diffonde un pregiudizio tanto vecchio quanto becero, ovvero che la rete non sia altro che un luogo in cui la gente va per sfuggire alla realtà ed in cui tutto è menzogna o, ben che vada, illusione.

2) Il messaggio che passa da questa storia è che il dolore provato da una persona perde di dignità, mano a mano che aumentano i soldi sul suo conto in banca.

3) La contrapposizione finale che si fa tra REALE (vero giusto e degno) e VIRTUALE (fasullo immorale e futile)

A questo punto dico la mia sui punti sopra descritti.

Internet altro non è che uno SPAZIO NON FISICO in cui le persone si scambiano costantemente TUTTI I TIPI DI DATI E DI INFORMAZIONI possibili. Il fatto che le informazioni presenti possano essere vere o false, non dipende dalla rete in sé, ma dalle PERSONE che le pubblicano. Questo vuol dire che non è la rete ad essere un ricettacolo di menzogne, ma sono le persone che mentono in rete, così come mentirebbero nel mondo fisico. L'unica differenza è che in rete ciò che è stato scritto rimane presente fino a che non viene cancellato, mentre nel mondo fisico, la parola vola via e quindi diventa anche più facile coprire menzogna con menzogna.
Un altro corollario di questo pregiudizio è che le amicizie nate in rete sono futili chimere, che lasciano sempre il tempo che trovano e che sono semplicemente il rifugio di chi non ha il coraggio di affrontare la vita.

Vi faccio una domanda: se dico che ci sono due persone che: parlano raccontandosi sogni, traversie, opinioni e gusti; si incontrano e si divertono assieme; si confidano reciprocamente; voi li definite amici? Se sì, allora come può fare la differenza il LUOGO in cui essi si incontrano? Dov'è la differenza se queste due persone stanno seduti allo stesso tavolo di un bar, oppure se si guardano e si parlano attraverso dei computer posti in due luoghi qualsiasi del pianeta?
Porto ad esempio un mio ricordo. 

Era un fine settimana del 2003, e io ero a Firenze, assieme ad un altra trentina di persone conosciute in rete su una community di cui facevo parte e, mentre eravamo sotto le mura della stazione di Santa Maria Novella, fuori da un camper a farci una spaghettata di mezzanotte, abbiamo messo sulla porta del camper la foto di un iscritto al sito che viveva a Bali da diversi anni e che ci aveva mandato i suoi saluti: in quel momento abbiamo brindato salutandolo assieme. Due anni dopo, ci sono stati gli attentati terroristici a Bali. Quando ho saputo dei kamikaze che si erano fatti esplodere causando 15 morti e diverse decine di feriti, ho sperato che lui non fosse stato coinvolto e quando, quella sera, ho visto il suo racconto di quella giornata e ho capito che l'aveva scampata per il classico "scherzo del destino" (mi sa che da quel giorno hai benedetto la tua mancanza di puntalità, vero Dr.Evil? ;) ) da un lato mi sono presi i sudori freddi e dall'altro ho provato sollievo nel sapere che era vivo e stava bene. 
Credete forse che la preoccupazione ed il sollievo siano più o meno motivati e degni di essere provati solo nel momento in cui le persone verso cui si rivolgono sono state "conosciute di persona"?


Per quanto riguarda il discorso sul dolore, il punto sta nel fatto che la descrizione fatta nella pps della realtà dei due protagonisti, era mirata a dare un'immagine del benestante come di una persona persa nei meandri della malefica rete virtuale, che non vede i problemi reali, ovvero quelli del povero bambino che gli chiede la carità e che infine ne viene commosso e ripudia "l'INSENSATO VIRTUALISMO IN CUI VIVIAMO".

Bene, tutta questa scenetta a me puzza terribilmente di quel pietismo ipocrita e assolutamente privo di alcun valore, secondo cui ognuno di noi dovrebbe non godersi ciò che ha e non lamentarsi della realtà in cui vive, qualunque cosa accada, solo per il fatto che esistono persone più sfortunate di noi. 

Il punto è che io so benissimo di far parte dei fortunati e lo sono per il semplice fatto che se fossi nato in altro periodo storico, o in uno dei paesi tecnologicamente arretrati, né io né mia madre saremmo sopravvissuti al parto. Detto questo non c'è colpa o merito nell'essere nati in un luogo piuttosto che in un altro, così come non ce n'è nell'essere più o meno ricchi; più o meno poveri. Inoltre non importa quanto tu sia povero o ricco, ma in ogni caso nella tua vita ci saranno sofferenze, perché la sofferenza non è altro che la nostra reazione ad una realtà che non vogliamo, o non riusciamo ad accettare. Dolore e gioia sono l'essenza delle nostre vite e nessuno deve permettersi di misurarne la dignità sulla base del nostro grado di ricchezza o di povertà. Anche perché, fin troppo spesso, chi ci dice "ah tu sì che sei fortunato", lo dice stando col culo al caldo e senza sapere un accidente di ciò che stai vivendo e di come lo stai vivendo.

Per la contrapposizione dico che: 

Il VIRTUALE è UNA PARTE DELLA REALTA' e non una sua negazione, e chi li contrappone in questo modo dimostra la sua ignoranza e la paura che ha nell'affrontare le evoluzioni che la vita ci presenta davanti. Inoltre dimostra di voler rifiutare quello che sarà una realtà sempre più presente in futuro, solo perché non vuole avere il tempo di avvicinarsi e di capirla fino in fondo.

Non mi sono mai piaciuti i pregiudizi e ho sempre trovato odiosi i discorsi qualunquisti fatti senza avere una minima cognizione di causa e oggi sono decisamente sbottato.

Buona giornata a tutti.

lunedì 5 aprile 2010

Una triste commedia

Questo post nasce da due storie raccontatemi in due momenti diversi e che stasera sono affiorate affiancandosi nella mia memoria: la prima ha per protagonisti una madre ed un figlio; la seconda un gruppo di amici seduti attorno ad un tavolo.

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Un figlio fa alla madre un regalo per il suo compleanno, la madre passa interi giorni a parlare con le persone che ha vicino, per dire quanto era bello il regalo che il figlio le aveva fatto, salvo poi scrivere su un taccuino che "da quando il mio compagno mi ha parlato del regalo che mi avrebbe dato mio figlio, già sapevo che non mi sarebbe piaciuto". Quando il figlio mi ha raccontato questo episodio, mi ha anche detto che lui si aspettava già quel giudizio da parte di sua madre e, alla mia domanda sul perché, allora, le avesse fatto un regalo del genere, lui mi ha risposto "perché era il miglior regalo che potessi farle".

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Ad una tavolata di amici, nei vari discorsi che si intrecciano, ad un certo punto, uno dei commensali inizia a raccontare di una sera un cui si è fatto "la scopata più bella della sua vita", con estrema dovizia di particolari. Mano a mano che va avanti nel discorso, si capisce che quest uomo è sposato e che non è la moglie la protagonista di quella notte di cui si sta fieramente vantando. Inoltre lui racconta tutto con la naturalezza di chi sa che il racconto non verrà mai a conoscenza della moglie, assente a quella cena.

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Il comune denominatore di queste storie, che mi ha intristito profondamente, è la menzogna. Il vedere come molta gente costruisca attorno a se un castello di carte formato da bugie, a volte pietose, a volte colpevoli, ma sempre di un sapore tanto grigio, quanto squallido e poi ci si aggrappa con tutte le sue forze, tanto da giustificarlo di volta in volta con motivazioni che suonano altrettanto false quanto le bugie che si sono raccontate. Quante volte ho visto menzogne atroci giustificate tramite "educazione"; "l'ho fatto per il tuo bene"; "l'ho fatto per la nostra famiglia" e via discorrendo!

Davvero siamo arrivati al punto che si misura il valore di un regalo solo in base ai soldi che ci vengono spesi sopra? O che in una coppia non si possa mai essere certi che l'altra persona non ti stia tacendo qualcosa o non ti stia mentendo su qualcosa?

Eppure io so che è possibile essere assolutamente sinceri con la propria compagna, e so anche quanta gioia ci sia ad avere un rapporto senza segreti e di totale fiducia reciproca, proprio perché lo sto vivendo e proprio perché ho potuto vedere che la portata degli ostacoli che bisogna superare per arrivarci è molto inferiore alla soddisfazione che si ha quando si è andati oltre, e non posso fare a meno di intristirmi a vedere quanta gente, ancora, galleggia nel grigiore di una vita che si è cucita addosso senza convinzione, che causa innumerevoli rimpianti, rimorsi e frustrazioni e da cui non ha la volontà di togliersi, perché le manca il coraggio di guardarsi per quello che è.