venerdì 28 dicembre 2012

La variabile (in)dipendente... parte 2

Tranquilli, non vi siete persi la parte 1, è proprio che non l'ho ancora pubblicata! Perché, allora, intitolo questo post "parte 2"? Semplicemente perché contiene quella che io considero la seconda parte di un discorso più ampio che sto preparando ma, visti i miei tempi di scrittura e la promessa fatta ad un'amica di esprimere quanto prima questa parte di discorso, ho preferito scrivere e pubblicare prima questa, perché se no finiamo quasi alle calende greche!

Andiamo quindi ad incominciare, dicendo di cosa tratta questo post, ovvero della discriminazione femminile.

E' di pochi giorni fa la notizia che un prete ha giustificato il femminicidio (e su questa parola, così come su molte altre ho poi un'osservazione da fare a margine) e, come al solito, si è riaccesa (anche se ho la sensazione che non si spenga mai) la polemica sull'odio che gli uomini hanno per le donne e sulla discriminazione che le donne subiscono.

Premesso che l'esistenza di uomini che discriminano le donne, che usano loro violenza fisica o psicologica (o anche entrambe) e che ritengono le donne creature inferiori sia un fatto tanto brutto quanto vero, la domanda che vorrei porre è: siamo sicuri che sia solo ed esclusivamente questa la radice profonda della discriminazione femminile? Siamo sicuri che tutto si possa ridurre ad una guerra triste e violenta tra certi uomini e le donne?

Per introdurre quello che io considero il cuore del problema, ho due cose da dire: la prima è la considerazione che, a livello personale, un carattere si forma anche sulla base degli stimoli che riceve dal mondo esterno, in particolare da tutto ciò che ognuno di noi vede attorno a sé e, quando sei bambino, anche dai comportamenti che vedi nelle persone che tu hai inconsciamente preso ad esempio ed a modello di vita; la seconda è il racconto di un episodio accadutomi un giorno che andavo a lavoro in treno.
Ero nello scompartimento del treno pendolare Torino-Milano con una mia amica laureata in psicologia infantile e con una sua amica maestra che lavoravano entrambi con i bambini in età da asilo o massimo da elementari e, mentre loro facevano il più classico dei discorsi tra "differenze tra uomini e donne", io intervengo dicendo:

"Scusate ma, visto che voi lavorate coi bambini dai 4 ai 7-8 anni posso chiedervi un paio di cose?"

Al loro "Sì" ecco lo sviluppo del discorso:

Io: "Cosa vi rispondono i bambini quando chiedete loro COSA FARAI DA GRANDE?"
Loro: "Rispondono di tutto di più, dicendo i mestieri dai più normali ai più astrusi".
Io: "E quando chiedete la stessa cosa alle bambine, loro cosa vi rispondono?"
Loro: "9 su 10 rispondo che vogliono sposarsi e avere tanti bambini per fare le mamme".
Io: "Vi siete mai chieste IL PERCHE' di questa cosa?"

Il loro sguardo attonito è stato tutto un programma.

Proviamo a pensare a che tipo di stimoli si trova davanti una bambina:

I giochi che vengono definiti "da bambine" sono: i bambolotti, simulacri di quei bambini a cui si da già per scontato che loro in futuro facciano da madri; le case delle bambole che molte bambine si divertono a rivoluzionare quasi quotidianamente spostando stanze e mobili, simulacri delle case a cui si da già per scontato che loro baderanno in futuro; le cucine e gli elettrodomestici in miniatura (quando addirittura non si mettono loro in mano elettrodomestici veri come l'aspirapolvere) e così via discorrendo.

Se poi parliamo dell'estetica (sia nel vestire che in altri campi) vediamo che gli stimoli che le bambine ricevono fin dalla più tenera età, stabiliscono un canone molto preciso e ramificato sia su ciò che "è bello" (o elegante che dir si voglia) sia su ciò che è brutto. Se vesti un determinato abito di un colore X, questo colore dovrà per forza essere associato ad una serie di colori prestabiliti e dovrà assolutamente evitare di essere associato ad un'altra serie di colori perché con i primi STA BENE e con gli altri STA MALE e, inoltre, questo tipo di combinazioni che STANNO BENE o STANNO MALE, riguardano anche il taglio ed il tessuto dei singoli capi di vestiario; una ragazza che abbia un corpo con una caratteristica principale (più o meno alta, più o meno formosa, con un viso più o meno regolare) avrà degli abiti che l'estetica canonizzata gli dice essere ADATTI a lei e abiti che NON SONO adatti. Praticamente si costringono le bambine a maturare solo quei gusti personali che si adeguano ai canoni prestabiliti. Si arriva addirittura a definire quali comportamenti siano CONVENIENTI o SCONVENIENTI in relazione agli ambienti in cui ci si trova ed alle persone con cui si sta interagendo, perché tutto deve essere studiato fino al minimo dettaglio e, quando capita che la bambina, ormai ragazza, si chieda il perché di tutto questo la risposta degli adulti (e delle donne in particolare) fin troppo spesso è "se no come lo trovi un uomo?" 

Praticamente tutto (o comunque la grande maggioranza degli stimoli esterni) nella vita di un essere umano di sesso femminile, se guardate, parla di FAMIGLIA, CASA, FIGLI, FIDANZATO/MARITO ed è questo il punto fondamentale: siete talmente bombardate con stimoli a senso unico che in molti casi la vostra fantasia di bambine e di ragazze si atrofizza verso un unico e solo obiettivo a cui puoi solo decidere o di sottometterti o di ribellarti. Il problema è che, qualunque delle due modalità tu scelga, sarai messa in condizione di doverti comportare o secondo il canone tradizionale, o secondo il canone detto anticonformista (e tra l'altro questo è un meccanismo di controllo che viene usato sia nei confronti delle donne che degli uomini, ma su questo scriverò in un altro post). 

Questa è la prima vera discriminazione nei vostri confronti: vi rubano il gioco e la fantasia! Ovvero gli strumenti principali che abbiamo nell'infanzia per imparare ad esprimerci e a relazionarci col mondo esterno. Fin dalla più tenera infanzia e mano a mano che crescete diventando prima ragazze e poi donne, venite letteralmente forgiate, plasmate e programmate per vivere la vostra vita con un unico scopo e secondo un unico schema.

E la cosa più atroce di tutta questa situazione è che, con la capacità che avete di vivere fino in fondo le emozioni che provate, potreste veramente vivere delle vite straordinarie, se solo riusciste a sbloccare la vostra fantasia e la vostra voglia di giocare.

Se pensate che stia esagerando, vorrei invitare tutte le donne che sono almeno anche madri a pensare a questa situazione:

Siete in pensione, tutti i vostri figli stanno vivendo la loro vita in maniera indipendente e lontano dalla vostra casa e siete sole. La domanda è: da che cosa traete la gioia di vivere se non avete attorno più nessuno a cui dedicarvi?

E a questo punto torno a chiedermi:

Siamo sicuri che gli ostacoli per la parità tra uomini e donne arrivino SOLO ed ESCLUSIVAMENTE dagli uomini?

Vi invito a riflettere su quanto ho scritto e gradirei che, chi vuole, lasci un suo commento.

Ciao e a presto.

giovedì 29 novembre 2012

Uno sguardo sulla fine

Esistono momenti in cui stai pensando ad alcune cose che vorresti scrivere, ci lavori su, cominci a costruire i vari discorsi, a dar loro forma e anche a chiederti quale scrivere prima e quale dopo e, all'improvviso, ecco che l'ambiente esterno ti catapulta addosso da più fonti un argomento che non c'entra assolutamente nulla con ciò che tu hai in mente, ma che sostituisce di botto tutto quello su cui hai girato fino a quel momento.

Stavo mettendo in ordine le idee per scrivere dei post che parlassero della mia passione per i fumetti, del mio essere caotico e bambino, pur senza essere infantile, e di una pericolosissima malattia che io chiamo S.R.G. (e non pensate che io vi dica adesso cosa significa questo acronimo, perché lo svelerò solo quando ne parlerò più diffusamente) ma, nel giro di poco meno di una giornata mi è capitato di captare conversazioni e scritti che puntavano sul concetto di "Fine" inteso sia come morte, sia come termine di un sentimento o di storia, sia come consunzione di un qualcosa e quindi mi dico: "E va bene, affrontiamo il discorso sulla fine" e, per iniziare voglio partire da uno spunto datomi da un post del blog "Ragno Velenoso", in particolare quando dice che

"la gente comincia a fare qualsiasi cosa con l'ottimismo/pessimismo di dire Non finirà mai" 

(e tra l'altro io ci aggiungo anche la frase "non cambierà mai")

Tutte le volte che sento parole del genere l'unica cosa che riesco a percepire è la volontà di chi le pronuncia di illudersi che possano esistere situazioni senza una fine e/o senza cambiamenti.

Possibile che sia così difficile per noi accettare il fatto che esiste una fine per tutto ed è anche giusto che sia così?

E' tutta la giornata che nella mia mente si rincorrono ricordi di tre particolari discorsi che mi sono trovato a fare, due con mia moglie e uno con il sacerdote che ci ha sposati e, vista la loro attinenza con questo discorso, li condivido.

Mancano pochi mesi al matrimonio e , visto il fatto che lei è credente e praticante, mentre il sottoscritto è completamente agnostico e pure non battezzato, il sacerdote (che già conosceva la mia futura moglie da diversi anni) aveva chiesto di potermi parlare a quattrocchi e, per questo, avevamo combinato di trovarci a Roma, dove sapevamo che, a breve, saremmo dovuti andare tutti. Arriva così il pomeriggio in cui abbiamo appuntamento e, dopo aver parlato di alcune cose tutti e tre assieme, lei esce e io e il sacerdote iniziamo a parlare. A un certo punto il discorso cade proprio sul concetto di "per sempre" e, a quel punto, ecco che mi trovo a dire: "Io so benissimo che la mia storia con lei finirà e su questo non ci sono dubbi. Perché, se va bene, la storia finirà con la morte di almeno uno dei due e quindi vorrà dire che avremo condiviso la nostra vita fino alla fine, ma questo potrebbe anche non capitare, perché potremmo trovarci a capire che non riusciamo più a vivere assieme senza farci del male, e quindi potremmo decidere di andare ognuno per la propria strada. Non so cosa ci porterà il futuro, se sapremo essere felici assieme oppure no, ma io so che sono disposto a vivere questa storia fino alla fine".
(Tra l'altro nella pps che io e mia moglie abbiamo fatto con alcune foto tratte dal giorno del matrimonio, l'ultima di queste è una sua foto in cui sta ridendo di gusto che abbiamo deciso di commentare con la frase "Fino alla fine"!)

Siamo verso la fine del 2010, in uno dei periodi più duri che abbiamo affrontato finora. Mia suocera è morta da pochi mesi e il dolore di mia moglie è un qualcosa di quasi solido che staziona attorno a lei e, spesso, parliamo un po' per ricordare e un po' per esorcizzare il tutto eppure, da qualche tempo, un pensiero mi ronzava in testa e per questo ne ho parlato con lei e le ho detto: "E' vero, tua madre è morta. Capisco il dolore che provi e capisco il fatto che ne senti la mancanza, ma vorrei farti una domanda: vuoi pensare un attimo al momento in cui è morta? Era in vacanza con suo marito, l'uomo con cui ha condiviso ben 51 anni della sua vita; era felice ed allegra; era felice per te, perché aveva la coscienza che tu avevi la tua vita e camminavi sulle tue gambe, perché ha visto che hai saputo affrontare tutte le difficoltà che ti sei trovata davanti e hai raggiunto quello che volevi... un secondo prima rideva e scherzava, e il secondo dopo non c'era più. Riesci ad immaginarti un momento e un modo migliore per morire?"

E' l'estate del 2005, stiamo assieme da pochi mesi e, una sera, affittiamo il dvd de "I ponti di Madison County" (evito di parlare del film, perché se no non finisco più). Quando finisce io la guardo e le dico: "non farmi mai una cosa del genere: se vedi che con me non sei felice, non stare con me per abitudine o per pietà, ma abbi il coraggio di dirmelo e io ti lascerò andare. Non importa il sentimento che provo per te, perché tu, come ogni altro, hai diritto a vivere felicemente e, visto che può capitare che, nonostante i sentimenti e le buone intenzioni, io non sia la persona adatta per far sì che ciò accada, allora il restare assieme sarebbe solo uno spreco di tempo".

Tutto finisce e nulla è scontato nella vita, ma quello che ho capito è che l'importante è vivere appieno ogni momento esprimendosi sempre in maniera sincera, perché è guardando sempre in faccia alla realtà che puoi affrontarla sempre al meglio.

domenica 4 novembre 2012

Time What is Time

Ci sono volte in cui avresti voglia di spiegare una tua idea, ma i concetti e i modi in cui vorresti spiegarla ti rimbalzano continuamente in testa in mille modi differenti e non sai mai né se sceglierne uno, né se una combinazione di quelli che ti vengono in mente. In ogni caso, che sia uno solo od una combinazione, non riesci a capire quale scegliere. 

A volte capita che questi concetti restino quasi seppelliti per anni, fino a che non trovi un punto di partenza adatto... e a volta capita che l'incipit adatto non sia farina del tuo sacco, ma di quello di qualcun altro.

Per questo, prima di tutto, volevo farvi leggere questa pagina tratta da un fumetto che ho avuto modo di rileggere per intero poco tempo fa: il fumetto in questione è GEA, ideato scritto e disegnato da Luca Enoch e edito dalla Sergio Bonelli Editore.

(Se qualcuno poi volesse recuperare l'albo da cui è tratta questa pagina si tratta del n° 7 della serie di 18 albi intitolato LA CROCIATA DI CLIVE).


Come avete potuto capire il punto centrale del discorso che Gea (la ragazza bionda con gli occhiali) si sente fare dall'altro personaggio, riguarda il tempo e il modo in cui noi lo approcciamo. Quante volte sentiamo dire (o diciamo) "vorrei fare [qualsiasi cosa ti venga in mente] ma non ho il tempo di farla" oppure "non ho più tempo per me" o "non mi resta il tempo di fare nulla"? Io sto sentendo queste frasi talmente tante volte, che comincio davvero a pensare che siano troppe. Davvero il tempo che abbiamo è così poco, o forse non saremo noi a starlo utilizzando male? Non saremo forse noi a sprecarlo in attività che di fatto non ci servono né a sopravvivere né a gioire o a godere della nostra vita, ma che pensiamo comunque di dover fare perché "non ne possiamo fare a meno"?
Dal marzo 2004 io lavoro a 100 km di distanza da casa mia e, fino a dicembre dello scorso anno, facevo il pendolare sul treno. Quella particolare condizione faceva sì che la mia giornata fosse preventivamente programmata da fattori esterni (orari di lavoro e orari dei treni) per 15 - 16 ore al giorno per 5 giorni alla settimana, eppure, nonostante quello, vedevo che il tempo "per me", per esprimere me stesso e per coltivare quelle mie passioni che arricchiscono la mia vita con la gioia e la felicità che va oltre la soddisfazione di sapere che puoi sopravvivere nel mondo con le tue sole forze, sono sempre riuscito a trovarlo. A volte toglievo qualche frazione di tempo al sonno, a volte o sfruttavo il viaggio o mi ritagliavo momenti in cui mi isolavo dal mondo esterno, a volte organizzavo proprio i miei impegni in modo tale che ci fosse sempre e comunque un momento di tempo che io potessi utilizzare esclusivamente per me.
Nel corso degli anni mi sono sempre sentito dire da svariate persone che loro "non avevano tempo, perché dovevano lavorare".... Ma io mi chiedo: ma lavorare per chi? Per un'azienda? Per una famiglia? Per i figli? Per l'universo mondo? Vedo persone vivere praticamente sul posto di lavoro, che non ascoltano neanche quando il loro corpo gli dice con la malattia che dovrebbero fermarsi; vedo persone che si affannano a cercare di accumulare più denaro possibile, per poi non avere la minima idea di come usarlo; vedo persone che si annullano o nel seguire i propri parenti, indipendentemente dal fatto che i parenti in questione li rispettino o li disprezzino o nell'adeguarsi ai gusti e alle esigenze della persona con cui vivono; vedo persone che non riescono a star ferme neanche un momento ad ammirare la bellezza che li circonda (sia questa sotto forma di paesaggio, di lettura o di musica); vedo persone che fanno tutto per i propri figli e per la propria casa, ma si dimenticano di regalarsi un momento per fare quello che a loro da piacere. Vedo tutte queste persone e, guardandole negli occhi e sentendo i loro discorsi, vedo e sento la loro insoddisfazione per ciò che stanno vivendo.

Per questo, ultimamente, torno spesso a chiedermi:

Ma davvero tutto quello che pensiamo di dover fare è proprio necessario? 
E' davvero così indispensabile "fare buona impressione" sugli altri?
Abbiamo davvero bisogno di tutto quel denaro che pensiamo di dover accumulare?
Siamo così sicuri che l'amore e la vita richiedano veramente tutto questo sacrificio?


Ultimamente queste domande mi ronzano parecchio in testa e la risposta che mi viene da dare, però, sempre più spesso è un semplice "No".

sabato 13 ottobre 2012

Movin' On.... Part 2

Ovvero: IL GIORNO PIU' LUNGO


E' la mattina del 5 settembre 2012. Alle prime luci dell'alba un micio e una strega osservano la loro tana letteralmente invasa dagli scatoloni e si guardano. Non servono parole, perché entrambi sanno che cosa sta per succedere: saluteranno definitivamente la casa che gli ha ospitati negli ultimi 5 anni e mezzo e che, nell'ultimo anno, aveva realmente cominciato ad entrare in crisi da "troppo riempimento", per spostarsi in quella nuova casa per cui tanto avevano parlato, progettato e lavorato.

Sono momenti che ciascuno dei due vive in modo diverso, sentendo sulla sua pelle le sensazioni regalate dal cambiamento, dopo di che... ecco giungere sul luogo la squadra dei traslocatori, composta da 5 persone, con: 2 camion (di cui uno per la gru e uno per trasportare la "casa in scatola"), 1 furgone e 1 veicolo di misura intermedia che loro, in gergo tecnico, chiamano comunque furgone ma, vista la forma, io chiamo comunque camion (e per tanto d'ora in avanti chiamerò questo mezzo intermedio "camioncino").

Visto che nel camioncino (già pieno fino all'orlo), c'erano tutti i mobili e le cose che arrivavano dalla casa di Lecce più una cucina che ci è arrivata in regalo da una coppia di miei amici, che dovevano togliere i mobili dalla casa che stavano vendendo, la casa in scatola avrebbe dovuto essere messa nel camion più grande e, allora, ecco che già all'alba delle 7.30 di mattina, iniziano i lavori di carico.

Mentre uno dei cinque viene spedito a svuotare la cantina (sfruttando un po' di scatoloni portati apposta, visto che con la rimanenza delle scatole portate il giorno prima per imballare si rischiava di non averne a basta) ecco che gli altri quattro si coordinano per spostare gli scatoloni e i mobili, prima dalla casa alla gru e poi dalla gru al camion (con anche qualche scenetta gustosa del tipo uno dei traslocatori che viaggia tranquillo sulla piattaforma della gru e mia moglie a cui vengono le vertigini anche solo al pensiero) e mentre ci si avvicina al mezzogiorno, il traslocatore anziano sentenzia in mia presenza: "ieri non ne potevo più di imballare roba. Oggi non ne posso più di caricare sul camion!"

Quando si parte da casa vecchia, sono ormai le 12.30 passate e si ha:

1) Il camioncino col contenuto che arrivava da lecce e da lodi
2) Il camion pieno fino all'orlo del contenuto di casa vecchia
3) Il ducato che era già stato riempito una volta con i mobili che poi avremmo lasciato ad un mercatino locale dell'usato, e poi una seconda volta con due divani presi dal suddetto mercatino e la rimanenza dei mobili di casa vecchia che sarebbe stato traslocato.

Subito dopo l'arrivo a casa nuova di tutta la colonna, passa un'oretta circa in cui sia la squadra del trasloco che noi ci rifocilliamo dopo una mattinata decisamente sostanziosa, dopodiché inizia la fase di riempimento di casa nuova.

Mentre i traslocatori si dannano letteralmente per portare su tutto quanto, io e mia moglie siamo una sorta di moto perpetuo per dare le indicazione su dove mobili e scatoloni vari dovessero essere dislocati tant'è che, ogni tanto, mi tocca far sedere la mia mogliettozza quasi a forza, quando vedo il suo viso farsi quasi cianotico, ma la scena più comica avviene verso le 16.30 e ha come protagonisti mia moglie, una nostra amica comune e il traslocatore anziano che, una volta svuotati ducato e camioncino, hanno il seguente scambio di battute:

Amica comune a mia moglie: "certo che ne avete adesso di roba da sistemare!! ma come farete a far stare tutto in casa?!?"

Traslocatore anziano ad amica comune: "E il bello deve ancora arrivare!"

Amica a traslocatore: "Ma non avete finito di svuotare il camion?!?!?"

Traslocatore: "veramente c'è ancora tutto il contenuto dell'appartamento di cossato da tirare su, che sta nel camion!!"

Amica comune....

TUMP!!!!


IO:
Verso le 22 casa nuova è piena zeppa di mobili e scatoloni, i traslocatori sono andati via dopo aver finito tutto che erano le 19.30 e noi, stanchi e sfatti, ci accingiamo a passare la prima notte in casa nuova, contenti di esserci e coscienti di tutto il lavoro che ci aspetta per svuotare e riordinare i quasi 200 scatoloni stivati nelle varie stanze.

Il seguito alla prossima puntata :)

per leggere il punto di vista della streghetta... clicca qui

martedì 25 settembre 2012

Orgoglio...

So cosa significa per te quello che è successo oggi
So che ne avevi bisogno per tutto quello che ti è accaduto
So che ne avevi bisogno per tutti quelli che ti hanno disprezzato e vilipeso
So quanta fatica ti è costato.

Sappi che sono molto orgoglioso di te e di come sei, ma lo sono comunque, a prescindere da oggi.

Perché basta la tua lotta quotidiana contro la malattia
Perché basta la tua forza di voler affrontare ogni nuovo giorno col sorriso sulle labbra
Perché basta la tua determinazione nel perseguire i tuoi obiettivi
Perché basta la tua sensibilità verso gli altri, anche se a volte faresti meglio a pensare un po' più a te stessa
Perché basta il modo in cui cerchi sempre di rialzarti dopo ogni colpo che la vita ti scaglia contro
Perché basta la persona che sei per farmi dire che sei eccezionale e che sei una delle migliori persone che io abbia mai conosciuto e per questo io sono orgoglioso di quello che sei e ti ringrazio di avermi accolto nella tua vita e di aver lasciato che diventassimo marito e moglie.

lunedì 10 settembre 2012

Movin' On.... Part 1

Ovvero..... MA QUANTO E' PIENA QUELLA CASA?!?!?!?

Antefatto

Era il 27 marzo 2005, da poco più di una settimana, vivevo da solo in casa mia, un appartamento di poco più di 45 metri quadri acquistato da pochi mesi, e, volendo condividere con alcune conoscenze ed amicizie come l'avevo sistemata, ho mandato via mail alcune foto ad amici e colleghi; dopo pochi minuti, mi arrivano praticamente in contemporanea due mail di risposta da due mie colleghe con una frase detta praticamente in stereofonia.... MA QUANTO E' PIENA CASA TUA?!?!?!?!

Di lì a poco più di un mese, ho conosciuto la donna che sarebbe poi diventata mia moglie e, tenendo comunque conto del fatto che io continuavo ad ampliare le mie collezioni di cd e fumetti, dal marzo 2007, la mia casetta ha dovuto fare i conti anche con il fatto che la mia futura moglie era venuta a convivere con me, portando con sé le sue passioni e i suoi oggetti (anche se solo in parte, perché già allora tutti non ci sarebbero stati neanche mettendoli dentro con una pressa). Fin da prima della convivenza, in ogni caso, tutti e due ci eravamo accorti che la mia tana era un po' troppo piccola per due persone come noi e quindi, dopo esserci sposati, siamo partiti con la ricerca di una nuova casa che potesse soddisfare le esigenze di entrambi.

Non sto a ricordare tutte le traversie che abbiamo passato (chi volesse saperne di più cerchi pure tra i vecchi post di questo blog o del blog di mia moglie) ma alla fine siamo arrivati al momento di traslocare dalla mia tana al nostro antro e.....

CAPITOLO 1 --> Come ti sconvolgo un traslocatore professionista

E' il 4 settembre 2012 e, in un momento in cui non possiamo vederli, due delle persone che ci avrebbero fatto il trasloco sono a colloquio con il loro capo, che aveva fatto un sopralluogo qualche settimana prima, e li avvisa: "occhio che la casa è piccola.... ma è MOLTO TOSTA!". Al momento dell'arrivo dei due traslocatori, che nella giornata avrebbero dovuto imballare tutto ciò che c'era in casa (N.B. in quel momento CD e Fumetti erano già stati preventivamente inscatolati da noi nella modica quantità di 54 scatole) l'unica persona in casa è mia moglie ma io mi immagino la loro faccia perché, quando il giorno dopo mi sono trovato a parlare col traslocatore anziano del gruppo, lui mi ha detto "quando sono entrato ieri in questa casa sono rimasto scioccato dalla quantità di cose che c'era dentro". Altro piccolo dettaglio è stato che loro avevano portato 100 scatoloni per poter imballare sia la casa che la cantina... dopo 4 ore e mezza di continuo imballo, mia moglie mi manda un messaggio sul lavoro che mi dice "i traslocatori temono di non aver abbastanza scatoloni per imballare tutta casa"...

Che dire se non: 2 persone, 45 mq di casa..... e io e mia moglie abbiamo mandato in crisi una ditta di traslochi?!?!?

Per il secondo capitolo, ci sentiremo presto ;)

per chi volesse anche leggere l'altra campana... clicchi qui

lunedì 27 agosto 2012

Tra 10 giorni....

Tra 10 giorni, io e mia moglie viaggeremo attraverso nuovi spazi
Tra 10 giorni, io e mia moglie ci gusteremo nuovi colori
Tra 10 giorni, io e mia moglie ci beeremo di nuovi panorami
Tra 10 giorni, io e mia moglie passeremo dal nostro al NOSTRO
Tra 10 giorni, un capitolo della nostra vita finirà, e se aprirà un altro...

Tra 10 giorni, finalmente, cominceremo a vivere nella NOSTRA nuova casa.

venerdì 27 luglio 2012

F. F. F.

Ovvero: F(inalmente) F(accio) F(erie)! :D

Ebbene sì, da ieri pomeriggio alle 17.30 (ora della mia uscita dall'ufficio) sono ufficialmente in ferie e, questa volta, ne voglio proprio scrivere perché, anche se è un qualcosa che accade comunque tutti gli anni almeno una volta, la situazioni di quest anno in particolare le rende speciali. Perché? Semplicemente per il fatto che in questa occasione il mio bisogno di fermarmi e staccare la spina per un po' era arrivato oltre i livelli di guardia. Avete presente quando avete la chiara percezione che vi state muovendo solo ed esclusivamente perché le ore di sonno vi bastano solo per accumulare quella minima riserva di energie psicofisiche per arrivare a fine giornata? Ecco, sono in questo stato da almeno 2 mesi, quindi questo giro di ferie sarà fatto decisamente A PELLE DI LEOPARDO.

Inoltre, tra poco più di un mese, avverrà il trasloco verso casa nuova, i cui lavori ci hanno fatto anche abbastanza penare, ma che si stanno concludendo molto positivamente. Si prepara un altro autunno bello intenso, e speriamo che la prossima annata sia un attimo più quieta di questa.

A presto!

domenica 10 giugno 2012

Vorrei....

Negli ultimi tempi ho osservato molto la realtà e il mondo che mi circondava e, nel farlo, ho pensato anche molto a come ho vissuto in questi anni e a come ho lavorato su di me per poter diventare ciò che sono oggi. 

Tutto questo mi ha portato a pensare diverse cose che voglio condividere ora e qui con voi e per questo riporto questi miei pensieri raccolti sotto il titolo di VORREI

Vorrei che tutti imparassimo a godere di ciò che abbiamo
 piuttosto che a lamentarci di ciò che ci manca.

Vorrei che tutti imparassimo a condividere cogli altri ciò che abbiamo
piuttosto che invidiare agli altri ciò che hanno.

Vorrei che tutti imparassimo a donare senza chiedere nulla in cambio
E che tutti imparassimo anche ad accettare i doni senza sentirci in debito
piuttosto che relazionarci agli altri sempre come se dovessimo commerciare.

Vorrei che la logica del commercio e del guadagno restasse esclusa da cultura, sport, arte, istruzione e salute.

Vorrei che tutti imparassimo a condividere anche la gioia
piuttosto che solo il dolore.

Vorrei che tutti imparassimo ad accogliere ed a vivere il dolore quando arriva
per imparare a crescere superandolo
piuttosto  che ignorarlo e lasciare che ci logori fino ad avvelenarci l’esistenza.

Vorrei che tutti imparassimo rispettare il dolore e la stanchezza altrui
piuttosto che cercare di sminuirla perché “io sì che mi posso lamentare, non tu”.

Vorrei che tutti imparassimo a vivere le nostre emozioni spontaneamente
piuttosto che nasconderle con paura e con vergogna.

Vorrei che tutti imparassimo a predisporci a mostrare a tutti come siamo realmente
piuttosto che preoccuparci di mascherarlo.

Vorrei che tutti imparassimo a considerare un modello chi vive con passione, gioia, divertimento, ironia e consapevolezza della propria vita
piuttosto che chi vive con serietà, senso del dovere, senso di colpa, pedanteria e affidandosi al destino.

Vorrei che tutti imparassimo a chiederci “cosa ho sbagliato?”
piuttosto che “di chi è la colpa?”

Vorrei che tutti imparassimo a dare giudizi solo su ciò che sappiamo
piuttosto che su quello che crediamo o immaginiamo di sapere.

Vorrei che tutti imparassimo a vivere senza aver per forza bisogno di un nemico.

Vorrei che tutti imparassimo ad essere curiosi di ciò che non conosciamo e di ciò che è diverso da noi
piuttosto che ad averne paura e diffidenza.

Vorrei che tutti imparassimo ad agire sulla base di ciò che sentiamo giusto per noi
piuttosto che sulla base di ciò che gli altri ci dicono essere giusto per loro

Vorrei che ogni azione fosse dovuta ad una nostra scelta
piuttosto che ad una costrizione.

Vorrei che tutti imparassimo a guardare la realtà per come è
e a lottare per renderla come vorremmo che fosse
piuttosto che a credere che la realtà sia come vogliamo
e rassegnarci a viverla per come è.

Vorrei che tutti imparassimo a dire e ad accogliere la parola “vecchio” come un complimento
piuttosto che come un insulto.

Vorrei che tutti imparassimo a dire e ad accogliere la parola “avido” come il peggiore insulto possibile
piuttosto che come un riconoscimento del nostro valore.

Vorrei che tutti imparassimo a considerare l’avidità come uno dei peggiori crimini possibili
piuttosto che come una caratteristica da avere se si vuole primeggiare.

Vorrei che tutti imparassimo a cercare di guadagnare sul benessere delle società e dei popoli
piuttosto che sul loro sfruttamento.

Vorrei che tutti imparassimo a dare più valore al tempo
piuttosto che al denaro.

Vorrei che tutti imparassimo a dare valore alle persone per la coscienza che hanno di sé stessi, di ciò che vogliono per loro e per la felicità che riescono ad esprimere nelle loro vite e a donare agli altri
piuttosto che su quanto denaro guadagnano e su quali ricchezze ostentano.

Vorrei che tutti imparassimo a trasmettere il desiderio della conoscenza
piuttosto che il desiderio del guadagno.

Vorrei che tutti imparassimo a vantarci dei segni che il tempo ci lascia addosso
piuttosto che fare di tutto per nasconderli.

Vorrei che tutti imparassimo a vedere la morte come la fine naturale di un’esistenza
piuttosto che come una maledizione da cui sfuggire a tutti i costi.

Vorrei che tutti imparassimo ad associare la morale alla nostra sincerità e coerenza
piuttosto che alla nostra sensualità e sessualità.

Vorrei che tutti imparassimo a sentirci gratificati dalla verità ed offesi dalla menzogna
piuttosto che sentirci consolati dalla menzogna ed offesi dalla verità.

Vorrei che tutti imparassimo ad accettare le nostre differenze come parte della realtà
piuttosto che pretendere che gli altri si uniformino a noi.

Per finire:
Vorrei che tutti imparassimo a comprendere, rispettare ed accettare gli altri, nella loro diversità, nelle loro scelte di vita e nelle loro scelte di morte,
piuttosto che cercare di imporre agli altri il nostro modo di essere, di vivere e di morire.

Non so se tutte queste cose siano possibili, so che diverse di queste le ho fatte mie nel corso degli anni e mi hanno reso la vita decisamente migliore di quanto non lo fosse prima. So anche che su altre ci sto ancora lavorando e che non so se arriverò mai all'obbiettivo. Ma forse, se tutti ci muovessimo in queste direzioni, potremmo veramente vivere tutti meglio di quanto non facciamo ora.

Buona serata e a presto.

lunedì 13 febbraio 2012

A volte saperlo dire non basta....

Volevo intitolare questo post "Grazie", ma visto che lo avevo già fatto, cambio titolo, anche se il concetto di base resta lo stesso: a volte dire "grazie" non basta, a volte sento il bisogno di scriverlo in modo che possa restare scolpito, e di condividerlo, perché mi piace far sapere a chi mi è vicino quanto io mi senta fortunato.

Ancora una volta non scrivo chi sei, anche perché tu lo sai benissimo, e questa volta ti ringrazio con una frase che, la prima volta che te l'ho detta, non sono riuscito a finirla:

"Grazie di esistere, Grazie di essere quello che sei".

lunedì 30 gennaio 2012

Tanto da dire parte 5...

Sottotitolo: Evoluzione di un collezionista.


Giunge a termine con questa ultima parte il mio post che, per esigenze spazio-temporali, ho dovuto separare in più parti (per chi volesse leggerselo in sequenza non deve far altro che andare a cliccare su questi link 1° parte2° parte3° parteintermezzo4° parte) e, per chiudere, torno a parlare (ma guarda un po’ che stranezza) di musica, ma questa volta lo farò da un punto di vista differente dal solito; infatti non voglio parlarvi di suoni, melodie, testi, o concerti che siano, ma proprio del come ultimamente mi sia rapportato con le varie forme di approvvigionamento della musica.
Nel corso degli anni, infatti, sia le forme di acquisto che quelle di scambio della musica sono cambiate e anche io, di conseguenza, ho sperimentato e vissuto diverse fasi, ma proprio in questo ultimo periodo mi sono accorto di come, da circa due anni a questa parte, stia entrando in una fase nuova dove non è solo la mia curiosità musicale a crescere espandendosi verso nuovi lidi, ma è anche la mia tendenza collezionistica ad acuirsi. Infatti ho proprio notato due cose: la prima è che quando voglio acquistare un nuovo disco, se vedo che di uno stesso album esistono in commercio più edizioni, io cerco sempre di prendere l’edizione che contiene più materiale musicale e/o documentaristico possibile e se mi rendo conto che le finanze mi sostengono, non solo non ho nessuna remora a fare l’acquisto, ma lo faccio anche con molto gusto; la seconda è che sto percependo sempre di più proprio il piacere del possesso dell’oggetto in se, che non solo ascolto e guardo la musica che questo contiene, ma mi godo anche la confezione, i libri o libretti che sono allegati e quanto altro l’edizione in questione possa contenere. Per contro mi rendo anche conto che, se prima per me lo scambio era anche un modo per aumentare la mia collezione di musica attraverso il possesso della musica scambiata, adesso è semplicemente un momento in cui ascolto nuove cose che può diventare propedeutico all’aumento della collezione, che ormai considero accresciuta solo dall’acquisto di nuovo materiale originale. Inoltre, mentre prima compravo solo dopo essermi incuriosito per via delle parole o di un amico o di una recensione o di un articolo di rivista, o quando era un qualcosa che sapevo già che faceva parte dei miei gusti, ora la curiosità è scatenata semplicemente dal fatto di vedere un qualcosa che non conosco, mentre per voler non acquistare musica devo proprio vedere qualcosa che so già che non mi piacerà di sicuro.
Sono un musicomane ed un collezionista in continua evoluzione e, oggi come mai, godo di ciò che ascolto e di ciò che compro, anche se, d’altro canto, credo che prima o poi dovrò fermarmi, non fosse altro perché non credo che avrò sempre disponibile lo spazio per una continua espansione, ma per il momento mi continuo a gustare appieno questo momento.

Ciao e a presto.

venerdì 27 gennaio 2012

Tanto da dire parte 4...

Sottotitolo: Last  (?) Train Home


2/12/2011: questa data, per me, segna un punto di svolta della mia vita. Da luglio, infatti, sto lavorando distaccato presso la sede di una ditta che fa parte dello stesso gruppo dell’azienda per cui lavoro da più di sette anni a questa parte e, in data 5/12/2011, la ditta presso cui sono distaccato ha cambiato sede e si è spostata in un altro punto di Milano. Il fatto è che, allo stato attuale delle cose, la nuova sede, per me, non risulta essere raggiungibile coi mezzi pubblici in tempi ragionevoli (facendo i debiti conti prendendo i mezzi si andrebbe da un minimo di 6 ad un massimo di 7 ore di viaggio al giorno tra andata e ritorno) e quindi dal 5/12/2011 ho ufficialmente smesso (almeno fino a quando durerà il mio distaccamento) di essere un pendolare viaggiante sulle ferrovie dello stato. 
Dal febbraio 2004, quando avevo iniziato a lavorare a Milano, ho avuto modo di vivere questa realtà nelle sue varie sfaccettature e devo dire che, ad oggi che sono ormai due mesi che ho sostituito il treno e i mezzi con la macchina, sono ben poche le cose che mi mancano, tra cui le persone conosciute in questi quasi otto anni di pendolarismo e la possibilità di poter sfruttare il tempo del viaggio anche per leggere, ma tra le cose che non mi mancano, quella che più mi preme sottolineare è il vedere ogni giorno le espressioni di quei volti rassegnati al livore ed alla stanchezza che masticano amaro per quel tempo di vita di cui si sentono pesantemente defraudati ogni volta che c’è un guasto od un ritardo. Ho avuto anch’io, in questi anni, la mia dose di bile da masticare, perché magari capitavano quei periodi dove la norma era il prendersi delle ore (quando non delle mezze giornate) di permesso solo per poter andare al lavoro, ma ho comunque saputo reagire e costruirmi il mio angolo in cui coltivare le mie amicizie ed i miei interessi e, forse anche per questo, negli ultimi anni il pendolarismo aveva assunto una dimensione molto più vivibile e molto meno pesante, anche se comunque rimaneva la stanchezza fisica di dover fare 5 ore di viaggio al giorno tra andata e ritorno. 
Ad oggi, con tutto quello che è capitato, il fatto di muovermi in macchina non mi pesa e riesco a recuperare ogni giorno almeno 2 ore (e qualche volta anche 3). Non so come si evolverà la situazione, ma per il momento mi godo il tempo riguadagnato.

A presto. 

lunedì 23 gennaio 2012

Tanto da dire... intermezzo

Sottotitolo: Cosa capita quando si spengono i brusii ed i frastuoni inutili?

Ebbene sì, è capitato anche questo. Mai, fino a qualche anno fa, avevo mai immaginato una situazione del genere nel mio quotidiano, sia perché pensando prima da bambino e poi da adolescente, pensavo per passione che ciò fosse proprio inconcepibile e più tardi, pensando da adulto, era comunque un sottile rumore di fondo a cui ero abituato e che mi lasciava abbastanza indifferente, che però sapeva ancora darmi, in certi momenti, un piacevole divertimento e che quindi accettavo pacificamente. Di che sto parlando? Del fatto che, da ormai un anno, vivo tranquillamente SENZA TELEVISIONE. Per dirla meglio, ho ancora un apparecchio televisivo in casa ma, visto che nel giro di sei mesi mi si sono fritti ben 3 decoder (2 dei quali mi sono stati regalati perché, se fosse stato per me, dopo la "prima frittura" non avrei preso nemmeno il secondo decoder) mi sono rifiutato di comperarne un 4° (e anche di farmelo regalare), per cui, col fatto che adesso i canali televisivi sono tutti su digitale terrestre o su parabola (che comunque non ho) ecco che l'apparecchio televisivo che ho, altro non è diventato che un bello schermo da 21 pollici per vedermi i DVD di film e/o serie televisive che ho in casa e devo dire che la cosa non solo non mi ha disturbato affatto, ma mi lasciato due doni molto preziosi: la possibilità di scegliere quando e dove andarmi a reperire le notizie che mi incuriosivano e, soprattutto, il riappropriarmi, in questo mondo dove tutti sembrano poter vedere tutto "in presa diretta" in qualunque parte del globo si trovino, della possibilità di lasciarmi sorprendere da un fatto di cui, magari, venivo a conoscenza solo ore o giorni dopo. Mi ricordo, infatti, di come sono venuto a sapere delle morti di Sergio Bonelli e di Marco Simoncelli, di come la notizia in entrambi i casi mi avesse colto assolutamente impreparato e di come il non avere il chiasso mediatico delle immagini televisive mi abbia portato a vivere in maniera molto più intensa ed intima il dolore che ho provato.

Infine, come ciliegina sulla torta, ho avuto modo di constatare che potevo informarmi anche meglio su ciò che accadeva nel mondo tramite altri mezzi (vedi radio o in internet) e per di più nei modi e nei tempi in cui decidevo io.

Che dire d'altro? forse che la televisione non sia più così utile come sembra?

ciao e a presto.

mercoledì 4 gennaio 2012

Tanto da dire parte 3....

Sottotitolo: Le persone importanti, un bottone non trovato, un camion con la cabina molto affollata e il senso profondo di questo blog.

E cosa hanno a vedere le canzoni di Davide Van De Sfroos con tutto questo? Mettetevi comodi, allora, che provo a spiegarvelo e, per farlo, parto dalla parola che è la chiave di lettura che da vita anche a questo mio blog: risonanza. Parola che, in questo caso, io uso secondo il significato che la vuole come "fenomeno per cui, in determinate condizioni, l'ampiezza delle vibrazioni di un corpo tende ad aumentare oltre ogni limite".

Tutti noi abbiamo avuto una o più esperienze che ci hanno segnati in maniera profonda ed indelebile, sia nella gioia, sia nel dolore, e tutti noi, chi più chi meno, ha delle parti di sé con cui deve ancora fare i conti e che, a volte per quieto vivere, a volte perché non capita il momento giusto, lasciamo che restino appartate in un angolo della memoria. Esistono occasioni, però, in cui o un discorso, o un evento entra in risonanza con queste parti profonde ed appartate di noi e che, quando siamo soli con noi stessi, fanno scatenare i pensieri e tu non puoi far nulla per fermarli, se non seguirli, prenderne coscienza e confrontarti con loro e con le emozioni che gli hanno scatenati, fino a quando le emozioni non si siano placate facendo così terminare il momento di catarsi.

In questo periodo c'è stata un'occasione in cui mi è capitato un momento del genere e sono stato a contatto con una di queste parti di me per quasi due giorni di fila, con i pensieri che sfrecciavano a velocità siderale ed una ricettività emotiva amplificata al massimo, col sottoscritto che, nell'accompagnare i suoi pensieri con anche più musica del solito, ogni tanto pensava "ma dov'è il bottone per spegnere tutto questo?" salvo poi tornare a confrontarsi con ciò che era tornato alla luce, fino a quando le cose non si sarebbero del tutto chiarite ed accettate.

Ebbene, mentre ascoltavo il best of di Van De Sfroos avevo appena concluso questa piccola "discussione tra me e me" e, nel sentire la canzone "San Macacu & San Nissoen" quando parte il ritornello la mia cassa di risonanza torna a vibrare ad intensità pazzesche, proprio perché con le sue parole descriveva esattamente ciò che avevo appena finito di affrontare.

"L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen se tirum via el cuveerc e se impienissum de canzòn. L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen vurèvi smurzà tütt ma ho piô truvaa el butòn"

Che tradotto suona così

"E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno ci tiriamo via il coperchio e ci riempiamo di canzoni. E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno volevo spegnere tutto ma non ha più trovato il bottone"

Passati alcuni giorni in cui ho ascoltato San Macacu praticamente a ripetizione, proseguendo l'ascolto del cd, capito su un'altra canzone "Il camionista Ghost Rider" che all'inizio mi piace e mi diverte, perché è un divertente e divertito tributo a quattro grandi della musica americana ma, nella strofa finale, trova un altro colpo di genio descrivendo quello stato emotivo per cui, quando ascolti musica, ti senti come se avessi al tuo fianco chi quella musica la sta suonando e che è uno dei miei modi di approcciarmi a ciò che ascolto.

Risultato di questa cosa è che, nel giro di poco più di un mese ho ascoltato quelle due canzoni innumerevoli volte, fino a renderle mie nota dopo nota e che anche grazie a loro, al loro disincanto e alla loro ironia paesana, sono andato oltre a quello che si era scatenato.

Detto questo saluto, e vi do appuntamento alla parte 4 (dove descriverò un altro piccolo grande cambiamento che da dicembre c'è stato nella mia vita)

A Presto.

p.s. Mi sapete dire perché a mia moglie viene fuori una vera e propria cresta in stile punk, quando sente Van De Sfroos? In fondo non ho ascoltato quelle due canzoni nemmeno mille volte in un mese....

domenica 1 gennaio 2012

Tanto da dire parte 2....

Sottotitolo: PURE....

Come dicevo nel finale della prima parte, anche l'anno scorso un flusso continuo di note, melodie e testi ha accompagnato il mio percorso personale; artisti che ascolto e seguo da anni, di cui ho apprezzato le nuove fatiche, o di cui mi sono procurato le vecchie e artisti che prima non avevo mai ascoltato (o addirittura mai sentito nominare) di cui mi sono avventurato alla scoperta. Inoltre ho avuto la fortuna di poter vedere dal vivo il mio gruppo preferito, in un concerto in cui hanno riproposto per intero l'album che io considero il più bello di tutti tempi (se volete saperne di più leggete il mio post 3 giorni enormi)

Di tutto questo crogiolo sonoro, ancora una volta, non c'è stato nulla che mi abbia deluso o che mi sia scivolato via, lasciandomi indifferente, ma alcune cose in particolare, mi hanno lasciato dentro un carico emotivo assolutamente enorme e, in particolare:

Un giorno di aprile, ascoltando la radio, stavo seguendo un programma strutturato come una sfida tra 4 gruppi scelti secondo un criterio di omogeneità che variava di giorno in giorno e, in quel momento, la sfida riguardava il progressive rock italiano con, come sfidanti, la PFM, le Orme, gli Area e i Perigeo (unico gruppo di cui al momento non avevo ancora mai sentino nemmeno parlare). Mentre il programma procede, e io sono intenzionato a votare per la PFM, ad un certo punto sento il pezzo che la radio ha scelto per rappresentare il Perigeo ed è come se cozzassi di botto contro una porta trasparente mentre sto camminando distrattamente per strada e, mentre sento gli strumenti rincorrersi ed incastrarsi l'uno nell'altro, l'unico mio pensiero è "MA QUANTO SONO BRAVI!!!" Alla sera stessa, tornato da lavoro, faccio una ricerca in rete e, il sabato successivo corro letteralmente a prenotarmi tutti i quattro album loro che sono ancora reperibili in commercio.

In un altra occasione, sempre tramite radio, ho avuto modo di ascoltare un'intervista a Jovanotti, in cui parlava del suo ultimo album e, nell'ascoltare sia lui che ne parlava, sia le canzoni che venivano passate, avevo sia belle sensazioni che la curiosità di ascoltarlo meglio. Andato ad acquistare il disco, anche se si dimostra molto distante da ciò che ascolto di norma, quello che sento mi piace e, ricordandomi di un mio amico molto addentro nel mondo del rap e dell'hip hop, gli chiedo una consulenza su quali possano essere dei pezzi rappresentativi del genere che, quando riesco a sentire, mi da l'impressione di una musica molto insinuante che mi lascia decisamente e positivamente stupito.

Leggendo una rivista specializzata in musica metal, mi imbatto in un servizio retrospettivo sulla STRANA OFFICINA, storico gruppo hard rock della scena italiana ed ho così modo di scoprire sia i titoli di ciò che avevano prodotto come gruppo sia ciò che è stato pubblicato da due delle loro menti pensanti, Fabio e Roberto Cappanera, come progetto solista. Qualche mese dopo ho occasione, andando da un mio amico che ha creato una casa discografica, ho modo di trovare nel suo magazzino i cd targati Fabio e Roberto Cappanera e quello che sento riesce a colpirmi sia per le musiche che per i testi in italiano che riescono a far sposare benissimo con un'atmosfera ed una musica che, nata all'estero, ha avuto nella lingua inglese la sua lingua di elezione.

Arriva la parte conclusiva dell'anno e, proprio in coda, si aggiungono tre "scoperte", la prima tramite il passaparola di un collega, la seconda tramite una notizia su una rivista musicale e la terza, per caso durante una sosta in autogrill.

Il primo caso accade durante uno dei classici "scambi tra appassionati", quando mi arrivano delle canzoni di Davide Van De Sfroos e, nel tornare a casa dal lavoro con l'autoradio accesa, ascolto alcune di quelle canzoni che fanno subito presa, sia per la musica, dall'impronta decisamente folcloristica, sia per i testi fatti in parte in italiano ed in parte in dialetto laghee (ovvero proprio della zona del lago di como) che raccontano di storie e di personaggi di provincia, e spesso anche provinciali, che un po' hanno fatto parte anche del mio vissuto, e un po' sono ricordi di quando genitori e nonni raccontavano della loro gioventù vissuta spesso o nell'immediato dopoguerra della II guerra mondiale, o nel periodo fra le due guerre, o addirittura tra la fine dell'ottocento e l'inizio del secolo scorso. In mezzo a questo anche un racconto ironico ed a volte anche sarcastico di alcuni tipici vizi e virtù nostrane con racconti che spesso mescolano aspetti e linguaggi rurali con situazioni tipiche dei giorni nostri. Durante un giorno in cui eravamo in giro per regali, in un negozio con dentro anche musica, vedo un best of di De Sfroos, lo prendo, comincio ad ascoltarlo e in ben tre episodi mi colpisce a tal punto che, dal primo ascolto di ciascuna di quelle tre canzoni finisce diretta tra i miei pezzi preferiti di ogni tempo (e il perché lo racconterò nella parte 3).

Nel secondo  caso la notizia riguarda una collaborazione tra Lou Reed e i Metallica che, da lì a poco, avrebbe prodotto un album in cui musiche e liriche composte da Lou Reed venivano riarrangiate dai four horsemen. Curioso di vedere cosa può venire fuori dall'unione di due stili così diversi, approfitto dell'avvicinarsi del mio compleanno per farmelo regalare e, nell'ascoltarlo, nonostante avessi sentito in giro pareri che lo dipingevano come un'evitabile ciofeca e nonostante un primo momento dove il sentire il recitato di Lou Reed sul tessuto sonoro dei Metallica mi ha lasciato decisamente spiazzato, con il procedere dell'ascolto la sensazione che mi ha lasciato è stato di un esperimento tanto rischioso quanto ben riuscito che ha prodotto due o tre "pezzi capolavoro", ed altre canzoni comunque notevoli.

Infine una sera, tornando dal lavoro e fermandomi in autogrill per un attimo di sosta, ho modo di notare tra le offerte musicali una serie di compilation di autori vari che si intitolavano "PURE... [xxxx]" (non è un caso il sottotitolo che ho dato a questo post) dove al posto della parentesi quadra con le x potete sostituire i nomi di alcuni generi musicali di cui ogni raccolta comprendeva 4 cd con autori diversi del genere che la compilation visitava. Leggendo la lista dei pezzi della compilation sull'Hard Rock, genere che conosco meglio tra quelli di cui c'erano raccolte, ho modo di notare che, a differenza di altre raccolte viste da me in precedenza, in questa c'era uno spirito diverso, perché non metteva dentro i soliti pezzi ormai strasentiti e conosciuti anche dai sassi, e perché metteva dentro sia pezzi del periodo classico del genere, sia pezzi dei ultimi 10 - 15 anni e a quel punto, senza pensarci due volte, faccio incetta sia di generi a me conosciuti, come l'hard rock e la musica americana mainstream, sia generi che frequento di meno, ma con cui ho già avuto a che fare, come il blues il country e il soul, sia generi quasi del tutto sconosciuti, come l'hip-hop e il r&b perché vedendo le raccolte (pronunciatelo in inglese) "PURE..."  a me è venuta voglia di ascoltare e di conoscere (e questa pronunciatelo in italiano) PURE quello.

A presto.